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FACCE DA E | Come si fa a non innamorarsi di uno come Petrucci?

Testo: Roberto Rossi
Foto: Roberto Rossi, Alex Farinelli, Marco Benedetti e KTM Press.

Oh, intendiamoci siamo entrambi di gusti diversi ma quando si parla di “Amore” quello vero e con la A maiuscola, non si possono far distinzioni di sesso, soprattutto se è un affetto profondo e che viene dal cuore.
Da quando conosco Danilo? Praticamente da ancor prima che nascesse, quando era nella pancia della mamma, con la quale sono andato a scuola no alla quinta ragioneria.
 Poi, pian piano, il ragazzo è cresciuto e con il papà (che si chiama Danilo pure lui) abbiamo condiviso quella che al giorno d’oggi risulta essere una delle più belle storie nel panorama del motociclismo italiano.

Papà Danilone, per tutti i motociclisti ternani è soprannominato “il Bastonatore” ed il mondo delle moto lo conosce piuttosto bene; ha lavorato in Moto GP per tantissimi anni ed è sempre stato considerato uno dei personaggi più in gamba del paddock. Il suo soprannome tradisce esplicitamente una carriera da manetta della Valnerina, strada che notoriamente nelle domeniche degli anni ‘70, si trasformava in uno dei motodromi più frequentati e pericolosi del centro Italia.

Danilo rappresenta la naturale prosecuzione di campioni come Libero Liberati, detto il cavaliere d’acciaio o ternano volante e di Paolo Pileri, entrambi piloti campioni del mondo di origini ternane.

Danilo Carlo (Junior), lo snodo al polso destro lo ha ereditato nel modo migliore, il suo esordio nel mondo delle corse risale al trofeo LEM minicross, la cui vittoria gli permise di conquistare un bel viaggio negli Stati Uniti per assistere ad una gara del Supercross e conoscere di persona Jeremy Mc Grath. Abitualmente era anche ospite delle esibizioni di trial che all’epoca organizzavo in varie location del centro Italia.

Lui (che a quei tempi avrà avuto 5/6 anni) si presentava con la sua BMT e dava sfoggio di ottime performance di guida superando ostacoli alla sua altezza. Con il passare degli anni la BMT si è trasformata in una minitrial, sino ad arrivare al mondo del motocross che ancora oggi rappresenta la sua grande passione e per la quale ha avuto sempre grande attitudine. Nel motocross Danilo si è formato, imparando a gestire in qualsiasi condizione la moto a dispetto di una corporatura (già all’epoca…) non propriamente longilinea. La sua dimestichezza in condizioni estreme è proverbiale.

 

 

E anche nelle uscite di Enduro con gli amici ternani ha sempre manifestato grande tecnica, spirito di sacrificio e invidiabile tenacia.
A Terni (perché di questa città è figlio Danilo) nacque un gruppo di giovani promettenti crossisti ribattezzato “i diavoletti”.
Del gruppo facevano parte quelli che ancora oggi rappresentano i migliori protagonisti dell’offroad locale: Alessio Zaccaro, Tommaso Montanari, Daniele Fattori e Alessandro Conti, tutti ancora alle prese con le ruote tassellate. Unica eccezione il nostro Danilo che ben presto passò alla pista riscuotendo sin dai primi esordi ottimi consensi. In città si era capito che Danilo poteva rappresentare la naturale prosecuzione di una tradizione dettata dapprima da Libero Liberati e successiva- mente da Paolo Pileri.

Se ci pensate bene non sono tante le città al mondo a poter vantare due campioni del mondo!
Danilo ha raccolto al meglio questa eredità, trasformando la sua naturale predisposizione, in una passione diventata negli anni un vero e proprio mestiere. Le ottime performances pistaiole nelle varie categorie stock hanno rapidamente proiettato Danilo verso qualcosa di più importante.
Nessuno avrebbe potuto immaginare l’ascesa alla moto GP senza essere transitato prima per la Moto 3 e la Moto 2.
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Angelo Pedemonte Dakar 2021

Testo: Cristina Rocchi
Foto: Press Dakar – Rally Zone

06 GIUGNO 2020

Mi chiamo Angelo Pedemonte, ho 58 anni e sono un folle patentato. Oggi, mentre il mondo soffre e s’arrovella per trovare un vaccino al male, ho inviato i primi 5.000 euro per partecipare alla Dakar. Non che sia insensibile al modo in cui stanno andando le cose per tutti, non fraintendete, ma ho già vinto una battaglia sfiancante con un tumore allo stomaco, adesso indipendentemente da come vadano le strade di tutti, devo guardare solo la mia.

C’è una verità che mi sento di dire, ed è che l’iter “sconfiggi tumore” trama anche cose positive. Scampare alla morte rubando tempo al diavolo è veramente appagante, t’illude di invincibilità, ti fortifica come combattente. Non se ne esce illesi, che sia chiaro! Anzi, pieni di acciacchi, ma di sicuro più consapevoli della potenza del pensiero. Una forza che non è regalata, ma vinta.

Ogni conoscenza che tu cerchi al solo fine di arricchire il tuo sapere, di accumulare tesori, ti fa deviare dalla tua strada.

Una vittoria che va resa solenne perché rara, indiscutibilmente straordinaria. Per un uomo come me, adesso come adesso, la DAKAR è l’unica impresa che può soddisfare la mia esigenza celebrativa. Insomma devo farmi un regalo. Detta così sembra una follia di cui non riesco a immaginare le proporzioni, ma sono davvero troppi anni che rimando.
Anni d’aspettative inappagate, un’attesa difficile, imposta, superabile solo ora, con una nuova forza mentale, l’impulso a realizzare un sogno che finalmente ha raggiunto i confini della realtà.

 

 

Quindi oserei dire: “non è un colpo di testa”, anche se, a detta di tutti compresi i medici, amici e familiari, è una scelta assurda. Dubbi ce ne sono, ma io vado per vincere, ancora! La selezione per partecipare alla Dakar è una vicenda importante, so che non è più una gara per avventurieri a cui partecipano anche i professionisti, ma una gara per professionisti ove osano anche gli amatori. Io ho inviato il mio dossier.

Ora è tutto nelle mani di David Castera, il Direttore di gara della TSO. Da oggi Inizia l’attesa per l’accettazione… leggi tutto il racconto su Endurista Magazine 69 in edicola o acquista la tua copia sul nostro sito CLICCANDO QUI!

INTERVIEW | Ricky Brabec

Ricky Brabec fa la storia con la sua Honda CRF 450, vincendo la Dakar 2020 in Arabia Saudita, il rally più famoso, estenuante e sicuramente più venerato del pianeta. Brabec è diventato così il primo americano a salire sul gradino più alto del podio nei 42 anni dalla prima edizione della Dakar e, insieme al Monster Energy Honda Team ha siglato la conclusione del dominio KTM che durava da quasi due decenni.

Abbiamo intervistato il secondo classificato all’edizione 2021, prima della partenza della Dakar

Nato nel 1991 a Mira Loma, in California, Brabec ha trascorso una vita tra deserto e moto. Quando la sua famiglia si trasferì da Riverside a Hesperia, città circondata dal deserto del Mojave, il dado era tratto. Dall’età di quattro anni, Brabec si è “sporcato” nella sabbia e nella polvere, affinando le abilità necessarie per vincere un giorno la gara off-road su due ruote più dura del pianeta.

 

 

“Hai bisogno di mangiare, dormire e respirare Dakar”, spiega Brabec.
“È uno sforzo disumano correre lì in quelle condizioni ed è folle pensare che ce l’abbiamo fatta, che siamo andati lì ed abbiamo vinto. Ricordo di aver visto le foto della Dakar quando ero più giovane chiedendomi se un giorno sarei mai riuscito a parteciparvi. Mio padre mi ha insegnato a guidare la moto da cross quando ero piccolo, l’ho adorato per questo ma non avrei mai immaginato che avrebbe potuto portarmi a questo risultato! Ancora oggi guido e mi alleno nella Honda Valley: abbiamo alcuni dei migliori single track del mondo qui, ed è tutto davanti alla mia porta di casa”.

 

 

Brabec avrebbe potuto vincere dodici mesi prima, avvicinandosi incredibilmente alla vittoria della 41esima edizione della Dakar alla prima edizione in Arabia Saudita.

“Ricordo di essere sceso dall’aereo, di aver guardato il deserto e le rocce e di aver pensato che era proprio come a casa nel Mojave. Il deserto è esattamente lo stesso, solo l’Arabia Saudita ha meno cespugli. Nel mio deserto del Mojave ci sono cespugli ovunque ed è davvero difficile riuscire ad andare veloci in linea retta… leggi tutta l’intervista su Endurista Magazine 68 in edicola o acquista la tua copia online CLICCANDO QUI!

Obiettivo Dakar | The Book

La Paris-Dakar, la corsa leggendaria voluta da Thierry Sabine, è da sempre un’icona del motosport, una di quelle gare che sono entrate nell’immaginario degli appassionati, e non solo. Attraverso i ricordi e le parole dei protagonisti delle edizioni africane il libro ripercorre km, problemi, aneddoti, avventure e passione. Privati o ufficiali i protagonisti di questo libro si sono messi in evidenza per lo spirito di adattamento, per la velocità e il coraggio.

 

 

Gio Sala, Beppe Gualini, Fabio Marcaccini, Ciro De Petri, Giampiero Findanno, Claudio Torri, Claudio Terruzzi e Gigi Soldano sono i protagonisti che ci hanno regalato i loro ricordi e le loro storie.

Dall’esperienza del sito parisdakar.it, che raccoglie racconti e storie della gara africana prima del suo trasferimento fuori dal continente nero, nasce l’idea di un libro in cui fermare questi momenti, in cui dare spazio a chi li ha vissuti, cercando di raccoglierne le emozioni più intense.

 

 

160 pagine di racconti impreziositi dalle immagini provenienti dagli archivi personali dei protagonisti fra cui quasi un centinaio direttamente dal materiale immortalato negli anni da Gigi Soldano. I racconti, i protagonisti e le moto che hanno resa mitica la Paris-Dakar.

Un libro da guardare, sfogliare e leggere.

Autori
Gianluca Ferrini, ideatore e gestore del sito www.paris.dakar.it ed esperto di comunicazione e Nicolò Bertaccini, ideatore e curatore del blog www.motociclistidatavola.wordpress.com.

 

Obiettivo Dakar 160 pagine

Copertina cartonata

€ 29,00 + spese spedizione.

Per info e ordini info@parisdakar.it

DAKAR 2020 | Il sogno di Ricky Brabec

Trionfatore alla Dakar 2020, Ricky Brabec ha rilasciato la sua prima dichiarazione, citando la famosa frase di Soichiro Honda: “È un sogno, un sogno che diventa realtà”.

Senza dubbio, vincere la Dakar era diventato qualcosa più di un sogno, un desiderio o un obiettivo. Era stato così fin da quando Honda nel 2013 aveva fatto il suo ritorno in forma ufficiale nella gara off-road più estenuante al mondo. Il progetto aveva continuato ad evolvere e crescere, creando un team che aveva imparato dagli errori passati e dai duri colpi subìti, edizione dopo edizione. Non a caso la Dakar è strettamente associata alla frase “può succedere di tutto”. Il successo arriva finalmente a metà gennaio 2020, con tutta la squadra del Monster Energy Honda Team che celebra il tanto atteso trionfo sul podio finale: Ricky Brabec e la Honda CRF450 RALLY avevano vinto.

“A dream come true.” Ricky Brabec’s rise to Dakar domination

Ricky Brabec aveva scommesso sulla sua vittoria alla Dakar ben prima che la corsa prendesse il via il 5 gennaio a Gedda, in Arabia Saudita. Lo aveva fatto nel momento in cui il 29enne californiano decise di dedicarsi interamente alla sua passione per le moto da fuoristrada. Brabec si concentrò sulle gare nel deserto. Nel 2014 vinse tutto quello che c’era da vincere, impresa che non sfuggì a uno dei più importanti esponenti di Honda America, Johnny Campbell. Il detentore del record di vittorie alla Baja vide in Brabec un diamante grezzo. L’ex pilota della Dakar Jimmy Lewis, classificatosi terzo nell’edizione del 2000, era della stessa idea. I due si diedero da fare per modellare e perfezionare questa brillante giovane promessa che, talvolta, ebbe difficoltà nella transizione da “buon pilota” a “top rider”.

Da allora Campbell è diventato il mentore di Ricky e lo conosce meglio di chiunque altro. “Il mio rapporto con Ricky è iniziato nel 2015. Arrivò nel team e gli serviva una mano qui negli Stati Uniti con Honda. Ovviamente eravamo attratti l’uno dall’altro” confessa Johnny, che definisce Ricky “un ragazzino con molta energia che aveva bisogno di una guida e di essere indirizzato. Dove andare? Cosa fare? Come perfezionarlo per le gare Rally? Fu così che formulammo un piano. Formulammo una strategia in ottica Dakar. Ci mettemmo in contatto con Jimmy Lewis. Iniziammo a fare una preparazione per i rally un po’ più avanzata.”
E aggiunge: “In Ricky vedevo una persona che era stata un campione negli Stati Uniti e ora si cimentava nei rally nel deserto. Una persona che poteva lottare per salire sul gradino più alto del podio. Non appena iniziammo la preparazione per i rally, i progressi non tardarono ad arrivare. Ricky odiava a morte quella preparazione! Gli allenamenti per lui erano “torture” e non gli piacevano affatto. Ma tenne duro. Ha insistito, toccando con mano i risultati della preparazione e le diverse abilità che stava acquisendo.”

 

“A dream come true.” Ricky Brabec’s rise to Dakar domination

Nel 2016 Brabec fu ingaggiato dal team ufficiale HRC. Dopo anni trascorsi a “imparare il mestiere”, nell’edizione 2019 della Dakar la sua performance fu eccellente: mantenne, infatti, la leadership della corsa fino alla terz’ultima tappa. L’anno seguente il pilota partì tra i favoriti e il resto è storia. La sua vittoria è stata decretata al termine del rally, sul traguardo a Qiddiyah. Missione compiuta.

“Vincere la Dakar è stato meraviglioso. Molte persone pensavano che un americano non ci sarebbe mai riuscito. È davvero una bella sensazione, essere il primo ad averlo fatto. Sono molto fortunato: ho Johnny al mio fianco, mi alleno con Jimmy Lewis e ora fa parte del mio team anche Kendall (Norman, suo meccanico). Lavoriamo tutto l’anno per questo obiettivo; certi giorni non vorremmo essere lì e non vorremmo lavorare e allenarci, ma è quel che serve per fare il nostro lavoro e portare a casa una vittoria. Mi sento davvero bene. Se tutto va nella giusta direzione, nel 2021 bisseremo il successo e continueremo ad essere nella top 3 nei prossimi due anni. Questo è il nostro obiettivo. Abbiamo già vinto la Dakar, quindi ora credo che noi tutti sappiamo cosa serva per vincere. Spero che le persone

“A dream come true.” Ricky Brabec’s rise to Dakar domination

all’interno del team Honda non cambino, in modo da lavorare con lo stesso impegno e la stessa sinergia viste in Arabia Saudita.”

Ricky Brabec assapora il trionfo nel suo nuovo ruolo di campione in carica: tutti vogliono essere parte di questo successo, dall’Arabia Saudita agli Stati Uniti. Accolto in patria come un’eroe, ha persino ricevuto un riconoscimento da Rob Dingman, President and CEO dell’AMA (American Motorcyclist Association).

“Per me non è cambiato niente” afferma il pilota americano, che sostiene: “Continuo a vivere la mia vita e mi alleno come ho fatto l’anno scorso, continuo ad andare in palestra e in bici. La Dakar è decisamente una corsa leggendaria che vogliamo tutti vincere e portare a termine ogni anno. Ma non puoi permetterle di cambiarti. Non puoi montarti la testa. Non puoi permettere alla Dakar di farti sentire più grande di quanto tu non sia. Devi restare umile, concentrato e lavorare sodo per preaparti al meglio per questa gara, ogni giorno” ribadisce Brabec, che ancora trova il tempo per “stare all’aperto, godersi il bel tempo, stare con gli amici e organizzare una grigliata.”

Nel frattempo Johnny Campbell continua a riporre tutta la sua fiducia sul californiano: “L’anno dopo l’edizione 2019 eravamo alla resa dei conti. Per lui, era davvero difficile a livello mentale. Ha raccolto tutte le forze. Lo voleva davvero. Non ha mollato. Un campione si comporta così. E Ricky è un campione. Continuiamo a lavorare con lui in ottica Dakar 2021 cercando di alzare l’asticella. Vedrete un nuovo lato del carattere di Ricky.”