Al mio arrivo venerdì sera vengo ben accolto dal team della CÉF Adventure. L’atmosfera è tranquilla e festosa, proprio in sintonia con il carattere dell’organizzatore Vanni Giroletti affiancato dalla voce dei rally per eccellenza di Elisabetta Caracciolo. Il parco moto dell’evento è ricco di motociclette customizzate da rally di tutto rispetto.
Presenti le Fantic Rally 450, molti mono tra cui KTM 690, qualche 950 ma soprattutto tante specialistiche, fattore che mi preoccupa un po’. Nessun BMW GS all’orizzonte, segnale chiaro che siamo al cospetto di un evento dedicato al fuoristrada puro e crudo.
Il regolamento parla chiaro, gomme tassellate e borsone con equipaggiamento da massimo 6/8 kg. È molto importante questo dettaglio del limite di peso del bagaglio perché invita i partecipanti a conoscere al meglio il loro equipaggiamento e a lasciare a casa tutto ciò che non è strettamente indispensabile.
Al tramonto fisso la mia tenda in un piccolo camping adiacente all’area delle iscrizioni, in compagnia di altri temerari. Piantando i picchetti mi accorgo che il terreno è molto morbido, in quanto affondano nella terra come fossero nel burro. Un chiaro segnale che preannuncia il percorso dell’indomani, sicuramente “umido”.
Dopo una buona cena Vanni tiene un piccolo briefing di presentazione del percorso 2023 e subito l’eccitazione abbraccia buona parte dei partecipanti di questo evento adventouring. La CÉF Adventure è un evento a numero chiuso con un limite di massimo 100 partecipanti che dovranno seguire il percorso utilizzando un sistema di navigazione con traccia GPS.
Il Motoclub di appoggio è il MC Chieve, di cui colonna portante l’amico Bianchetti Gianluigi (per gli amici Gigi) Presidente da oltre 30 anni ed esperto endurista specializzato nell’organizzazione di eventi off-road. La tipologia dell’evento è ADV moto-turismo FMI.
L’evento è suddiviso nelle giornate di sabato e domenica affrontando un emozionante percorso di andata che va da Farini (PC) alla spiaggia di San Michele a Rapallo (GE). Il rientro è su un percorso differente che incrocia solo parzialmente quello dell’andata. Il sabato mattina tutto è pronto e si parte da sotto il gonfiabile del Motoclub Chieve.
La tipologia del percorso del sabato è piuttosto tecnica, 220 km di appenino Emiliano fino al ristoro per poi addentrarsi nell’appenino ligure attraversando il Parco Naturale Regionale dell’Aveto.
Tre sono i passi toccati, quello del Chiodo, il Passo del Ghiffi e quello dello Zovallo per scendere fino al mare ligure a Rapallo. La domenica si rientra in direzione Farini e la tipologia del percorso è più panoramico e scorrevole con190 km di cui circa 30 di litoranea sul mar ligure. Prima di immergersi nel Parco fluviale dell’Entella dobbiamo fare il pieno di carburante ed affrontare il Passo Centocroci e il Passo del Biscia.
La Motomorini X-Cape 650 che sto guidando è una motocicletta piccola e maneggevole dal design curato ed accattivante. Mi diverto molto a guidarla sul percorso della CÉF Adventure anche se la X-Cape sa dare il meglio di sé sui passi asfaltati. Il setting delle sospensioni e le ruote da 17 e 19 pollici, conferiscono a questa 650 una vocazione stradale piuttosto che fuoristradistica.
Le Metzeler Karoo 3 con cui la Moto Morini è equipaggiata, purtroppo non sono gli pneumatici più indicati per questa tipologia di eventi off-road dal fondo bagnato. Basterebbero veramente poche modifiche per trasformare questa X-Cape in una motocicletta più adatta al fuoristrada. Le pedane passeggero per esempio non sono rimovibili ma anche le pedane stesse non vantano un buon grip con il fondo degli stivali bagnati.
In base alla mia esperienza basterebbe sostituire gli pneumatici, le pedane e rivedere il setting delle sospensioni. Se poi volessimo aggiungere uno scarico dal sound più aggressivo e che doni al piccolo propulsore un po’ più di tiro a bassi, ecco che otterremo una motocicletta perfetta per guidare al 50 % in off e al 50% su strada.
Comunque sia il percorso di andata è bello tosto. Tanti i tratti in sottobosco bagnato ricco di pietre dove mi ci è voluta tutta la mia esperienza di guida per portare la moto incolume al traguardo e raggiungere l’obbiettivo finale. La scoperta dell’appenino ligure è stata un’emozione molto bella. In quei paesaggi ho rivisto scorci indimenticabili che ho incontrato solo nei miei viaggi in giro per il mondo.
Ogni volta mi sorprendo della bellezza del nostro paese e mi chiedo sempre come sia possibile che un paese piccolo come il nostro, contenga tutta la bellezza disseminata per il resto del pianeta.
La mia esperienza alla CÉF Adventure è stato un piccolo viaggio di due giorni con l’amico Cristian, un ragazzone alto in sella ad una Honda Dominator 650 che mi ha seguito e aiutato nei punti del percorso più ostici. Nelle difficoltà del percorso non sono mancati i gesti di solidarietà tra i partecipanti, aiutandoci l’un l’altro abbiamo saputo creare quello spirito di gruppo tipico degli enduristi.
Il camping sulla spiaggia è stato un momento magico in quanto prima di fissare la tenda su di un sottile fondo di ghiaia, mi sono rigenerato dalla stanchezza della giornata con un bagno memorabile in mare. Che dire… l’enduro ancora una volta ha dato dimostrazione di rispecchiare le gioie e le difficoltà della vita. Dobbiamo essere in grado di interpretare al meglio le difficoltà del percorso in base alle nostre capacità, per imparare, crescere e superare i nostri limiti.
Assieme al sapore unico della porchetta casertana più buona che io abbia mai assaggiato, la CÉF Adventure si colloca di diritto ai vertice della mia classifica personale degli eventi Adventouring più belli a cui io abbia partecipato.
Qualche anno fa, durante un viaggio in Asia, tre veterani moto viaggiatori, il trentino Rosario Sala, il cuneese Franco Ballatore e il milanese Maurizio Limonta, decisero di creare un Team per affrontare un’impegnativa attraversata che li avrebbe condotti dall’Italia sino alla remota penisola della Kamchatka, nell’estremo oriente siberiano. Ancora in fase embrionale di organizzazione, una delle prime decisioni da prendere riguardava il mezzo da utilizzare.
Ognuno di noi aveva viaggiato in passato con differenti tipologie di mezzi, dalle moderne bicilindriche ai monocilindrici più datati, ma quasi subito fummo concordi nel considerare che la nuova Tenerè 700 sarebbe stata la moto ideale per questo tipo di impresa. ”Nel 2020 i tre riders presentarono il progetto a Yamaha Italia che si mostrò interessata all’iniziativa, così come Touratech Italia. Nasceva così il progetto Kamchatkaraid, avente anche uno scopo umanitario. Quando il gruppo iniziò l’elaborazione dettagliata del progetto, decise di coinvolgere anche l’amico Stefano Gabbiani, anch’egli motociclista e grande appassionato viaggi. “Non potendo partecipare direttamente al viaggio, abbiamo a affidato a Stefano l’incarico di Project Manager, sia nella fase preparativa in Italia che durante la lunga permanenza dei tre piloti all’estero.”
Con l’avanzare della progettazione, si decise inoltre di aggiungere all’itinerario iniziale anche l’attraversamento della penisola arabica e nel contempo di realizzare il viaggio dividendolo su due anni: dall’Italia al Giappone (passando per la Kamchatka) nel 2022, per affrontare l’anno successivo, di ritorno dal Giappone, l’attraversamento della penisola arabica. Nel frattempo il gruppo ha avviato una campagna di raccolta fondi tramiate la vendita del libro di Rosario Sala “L’Africa secondo me”. Il ricavato è stato devoluto a Emergency, destinato al Centro di Riabilitazione di Sulaymanyah nel Kurdistan iracheno.
A maggio 2022 è arrivato finalmente il momento di partire. Dalla Sede Yamaha Italia a Lesmo, hanno dato ufficialmente avvio alla loro lunga avventura. A causa di alcune frontiere ancora chiuse per la pandemia Covid, si è deciso all’ultimo di invertire la cronologia delle due spedizioni, affrontando prima la penisola arabica, lasciando Kamchakta e Giappone al 2023, senza in ogni caso modificare troppo gli itinerari previsti in origine. Dopo un veloce attraversamento dei Balcani e della Turchia, i tre riders si sono imbarcati su una nave cargo nel porto turco di Tasucu per raggiungere le coste del Libano. Da lì sono entrati in Siria (primi in moto da quando è iniziata la guerra che devasta il Paese da oltre un decennio) e successivamente in Giordana, Arabia Saudita, Kuwait, Bahrein, Qatar, Oman ed Emirati Arabi. Questa parte del viaggio è stata particolarmente sofferte a causa delle alte temperature: “Viaggiavamo dalle quattro di mattina fino alle undici, oltre non ce la facevamo, nel deserto arabico eravamo colti da colpi di sonno mentre guidavamo e sotto il casco il cervello pareva cuocere. Nelle notti in tenda sembrava di dormire su un materasso di lava calda. La situazione è migliorata quando siamo sbarcati a Bandar Abbas in Iran.”
Il viaggio è proseguito lungo la costa iraniana poi all’interno del territorio curdo iracheno, dove i tre motociclisti hanno raggiunto Sulaymanyah e fatto visita al centro di Emergency per il quale avevano raccolto i fondi. Sulla via del rientro hanno esplorato le mulattiere dissetate dello Svaneti, regione remota e disabitata sulle montagne del Caucaso in Georgia e tentato anche di entrare in Azerbaijan dove sono stati respinti alla frontiera. In fine con grandi difficoltà hanno varcato il confine russo e raggiunto Mosca. “I russi ci hanno respinto al primo tentativo, solo dopo qualche giorno e la richiesta di un permesso speciale costato come un volo aereo ci hanno consentito l’ingresso.” Dalla capitale russa sono rientrati in Italia passando dalle repubbliche baltiche, Polonia e Repubblica Ceca. Un viaggio durato oltre tre mesi, percorrendo 26.000 chilometri, attraverso 26 Stati.
Ad aprile, Rosario, Franco e Maurizio, torneranno in sella per compiere la seconda e più impegnativa parte del progetto che li porterà sulle montagne del Pamir in Tagichistan, nella sterminata steppa mongolica, in Siberia (risalendo la famigerata “Via delle Ossa”) sino a raggiungere Magadan dove si imbarcheranno per esplorare la penisola della Kamchatka.
“Per via dei differenti impegni, quest’anno partiremo alla spicciolata, seguendo tre itinerari differenti e ci riuniremo probabilmente nel mese di giugno a Samarcanda in Uzbekistan, da lì proseguiremo assieme. Ancora non sappiamo se avremo la possibilità di entrare in Afghanistan per far visita all’ospedale di Emergency per il quale abbiamo avviato una nuova raccolta fondi, ma cercheremo di riuscirci anche questa volta, come già avvenuto lo scorso anno a Sulaymanyah in Iraq.”
Il termine della lunga cavalcata è previsto per settembre presso la Sede Yamaha Giappone, dopo aver solcato 25.000 chilometri di strade asiatiche e attraversato una ventina di Paesi. Un comodo viaggio aereo riporterà i tre motociclisti in Italia, mentre le moto saranno spedite negli Stati Uniti, in attesa della prossima avventura.
Il viaggio può essere seguito si canali social Facebook/Instagram/Youtube del “Kamchatkaraid”.
Rosario Sala
Trentino, classe 1962, lavora presso la Provincia Autonoma di Trento.
Franco Ballatore
Cuneese, classe 1966, musicista, scrittore.
Maurizio Limonta
Milanese, classe 1956, spedizioniere, istruttore diving OWDI
Le pagine seguenti sono tratte dal libro: VIAGGIANDO S’IMPARA – il giro del mondo in 50 consigli di Massimiliano Perrella
In Patagonia, lungo la Ruta 40, la distribuzione del carburante è affidata a pochi benzinai, sufficienti a soddisfare i bisogni dei locali durante il periodo invernale, ma il traffico estivo di turisti comporta l’esaurimento delle riserve nei loro serbatoi con cadenza quasi giornaliera e non è inusuale vedere code infinite sin dalla mattina (o ritrovarsi costretti ad aspettare il giorno successivo) per poter fare rifornimento. Già a La Esperanza (dove ho fatto conoscenza con diversi motociclisti bloccati dall’assenza di benzina) mi sono ritrovato in una situazione simile, ma allora sono stato salvato dal capiente serbatoio della mia Africa Twin che mi ha concesso di proseguire fino a El Calafate, dove il problema si è immancabilmente ripresentato e l’orda di turisti ha creato code di ben cinque ore dinanzi ai vari benzinai. Anche qui me la sono cavata per il rotto della cuffia trovando una piccola stazione di servizio in periferia e, forse complice l’ora di pranzo, in soli venti minuti ho nuovamente fatto il pieno. A El Chaltén mi è bastata una coda di mezz’ora alle sette di mattina, ma oggi mi ritrovo a Bajo Caracoles e preferisco non lasciare neppure un centesimo all’unico (e maleducato) benzinaio di questa sperduta località, confidando nuovamente sull’autonomia offertami dal serbatoio della mia bella e puntando deciso verso Lago Posadas.
Con un minimo di preoccupazione saluto Alan, motociclista statunitense che mi ha raccontato sfighe di ogni genere a costellare il suo viaggio, quasi fosse la trasposizione oltreoceano di Lupo Alberto; ci siamo aiutati a vicenda negli ultimi 230 km e il suo sguardo oramai trasuda rassegnazione, più che motivazione al proseguire. La sua rotta è parallela (ma non coincidente) alla mia, così non mi resta altro da fare se non augurargli: «Buona strada!» La mia direzione è verso il Cile e, prima di arrivare a Cochrane, c’è uno sperduto punto di riferimento indicato dalla malandata cartina che mi porto dietro da mesi. Dai pochi commenti che sono riuscito a racimolare pare sia una zona remota e poco frequentata, ragion per cui deduco sarà meno problematico rifornirmi di carburante.
Da subito la strada si presenta desolata, attraverso una pianura sconfinata: rada e bassa vegetazione e colline arancioni a far da sfondo. Non un’anima viva lungo un percorso di terra battuta, con pietrisco ovunque e fondo pieno di ondulazioni; l’ideale sarebbe galleggiare sopra tutto questo mantenendomi sopra i 60 km/h, ma sopraggiunge un vento fortissimo e a mala pena riesco a mantenermi in equilibrio sulle due ruote. Avverto delle vibrazioni strane al posteriore e mi si gela il sangue al pensiero di aver bucato in questo deserto di vento e desolazione: mi fermo, ma la ruota sembra a posto e attribuisco la sensazione al (pessimo) manto stradale e agli spostamenti d’aria. Nuvoloni grigi si ammassano su di me e inizia a fare freddo, ma per fortuna cadono solo delle timidissime gocce di pioggia. Procedo fra le folate trasversali e devo fare la massima attenzione a non commettere errori: la situazione potrebbe diventare molto poco piacevole in un batter d’occhio. Lungo un sofferto rettilineo avverto nuovamente che qualcosa non va e, nell’ispezionare nuovamente la ruota posteriore, mi accorgo che il traversino (che tiene uniti i telaietti portaborse laterali) ha deciso di rompersi per la terza volta da quando ho salutato l’Italia, stavolta nel posto più inopportuno in assoluto. Risolvo velocemente e approssimativamente con una cinghia e riparto, dato che non posso fermarmi da nessuna parte: non ci sono ripari, non ci sono costruzioni (a parte una diroccata casupola che qualche incosciente ha deciso, qualche decennio addietro, di erigere per cercare fortuna in questo deserto) e posso solo procedere, fra parolacce e sassi.
Riconosco una macchia di colore rosso e mi fermo: è uno degli onnipresenti piccoli santuari dedicati al Gauchito Gil, personaggio leggendario della cultura popolare a cui moltissimi argentini sono devoti. Dinanzi a esso (molte) bottiglie, candele, monete e un paio di letterine; mi fermo e in balia del vento faccio la mia offerta, consistente in una mela, per poi esprimere la gentile richiesta di far diminuire le folate di vento. Per tutta risposta, una volta salito in sella, rimettendo il casco mi rendo conto di aver fatto cadere gli occhiali da vista dalla borsa da serbatoio e di averli calpestati. Non esattamente il tipo di risposta che mi sarei aspettato e meno male che non c’è nessuno che può ascoltare le mie esclamazioni di disappunto! Per fortuna non è un grosso problema, visto che di giorno vedo bene anche senza e la polizia locale non sarebbe in grado di interpretare la sigla dell’obbligo di guida con lenti sulla mia patente; tuttavia da oggi in poi guidare all’imbrunire sarà più faticoso. Procedo così dando fondo alla mia pazienza, in un turbine di vento tale da coprire anche le mie imprecazioni.
Dopo quella che mi sembra un’eternità, un viale protetto da pioppi mi conferma di aver finalmente raggiunto Lago Posadas: si tratta di un microscopico paesino a pianta quadrata con cinque stradine lungo l’asse longitudinale e sei lungo quello trasversale. Non intravedo nessuno e mi fermo dinanzi al pronto soccorso per chiedere di un fabbro. Faccio conoscenza di una gentilissima infermiera, che lavora anche come insegnante, che mi fa la cortesia di chiamare il suo compaesano Christian, professore di educazione fisica e titolare di una ferramenta, il quale mi raggiunge pressoché immediatamente (non credo esistano problemi di traffico da queste parti).
Vengo invitato a seguirlo verso casa sua e fra portico e giardino mettiamo mano al pezzo danneggiato. Dopo una saldatura di rinforzo e una mano di vernice per proteggerlo dalla ruggine, vengo informato che oggi la pompa di benzina è a secco e dovrò necessariamente aspettare l’indomani per ripartire; così Christian, dopo avermi offerto un prezioso servigio, mi fa anche la gentilezza di ospitarmi a casa sua. Dopo avermi accompagnato a lato della scuola dove insegna, per connettermi alla rete internet e inviare un messaggio alla mia famiglia, riesco a convincerlo a farmi comprare del gelato per ringraziarlo, così nel raggiungere il minimarket ho modo di visitare praticamente tutto il paesino. La proprietaria della piccola bottega si fa arrivare delle provviste una volta alla settimana e, dopo avermi chiesto come sono arrivato e che lavoro facevo in Italia, mi suggerisce di offrire i miei servigi all’unico hotel presente; incredibilmente questo posto è frequentato, oltre dalla popolazione di appena duecentosettanta abitanti, addirittura da qualche turista e da qualche pescatore che si reca in questa landa sperduta per raggiungere il lago Posadas, specchio d’acqua omonimo che ha fatto anche cambiare il nome al paesino (al secolo Hipólito Yrigoyen). Sebbene i paesaggi del circondario siano davvero di una bellezza innegabile, il solo pensiero di vivere in un centro abitato microscopico come questo mi fa strabuzzare gli occhi e venire i brividi. Com’era la frase? «Ringrazio dell’offerta, rifiuto e vado avanti!» La sera stessa è presente anche la compagna di Christian, assieme a sua la sorella e al marito. Si vede che di ospiti non ne ricevono spesso da queste parti: vengo trattato con ogni attenzione possibile e la succulenta cena che mi viene offerta è molto ben apprezzata dal mio affaticato corpo.
L’indomani devo aspettare che la benzina arrivi proprio da Bajo Caracoles, unico snodo da e verso la Ruta 40, così riesco a rifornire il serbatoio solo a metà mattinata. Il vento è ancora sostenuto e nonostante l’invito di Christian a restare un’altra notte decido comunque di proseguire verso il Cile. Il suo suggerimento è di non percorrere la strada più battuta per arrivare alla frontiera, bensì una decisamente meno conosciuta (ma a suo dire estremamente più scenografica) che parte direttamente dal lago. Così accetto il consiglio e mi armo di coraggio, visto che il menù di oggi è simile a quello di ieri, sia in termini di condizioni stradali che di vento, ma quando raggiungo il lago Posadas le mie pupille non possono che dilatarsi a dismisura per ammirare il meraviglioso scenario che mi si palesa davanti.
In realtà, avvicinandomi intravedo due laghi con un piccolo istmo di terra che li separa: il secondo specchio d’acqua ha il nome di Pueyrredón e sconfina in territorio cileno. È un vero e proprio spettacolo esaltato dal bel sole odierno e il vento arrembante crea delle onde sulla battigia quasi a darmi la sensazione di essere dinanzi a un piccolo e incantevole mare. Intorno a me assolutamente nessuno e per mezz’ora sono l’unico fortunato fruitore di questo incredibile panorama di natura pura e selvaggia. Peccato l’aumentare del vento e delle nuvole: capisco che è giunta l’ora di proseguire e mi dirigo verso la strada indicatami da Christian. La riconosco subito: «Non puoi sbagliare» mi aveva detto «è un cammino che solo un fuoristrada o una moto da enduro come la tua potrebbero percorrere.» In piedi sulle pedane mi inerpico lungo una erta e scoscesa salita, ma la mia bella sa il fatto suo e fa il suo dovere senza batter ciglio, incurante del peso dei bagagli. Continuo a salire fino a un punto panoramico dove posso ammirare per l’ultima volta questa meraviglia naturalistica, che ho avuto la fortuna di conoscere grazie a un traversino in metallo che ha scelto di rompersi nel momento apparentemente meno opportuno del viaggio. Ancora una volta un imprevisto si è trasformato in un’occasione di scoperta e in un ricordo magnifico.
Procedo, lungo quello che è ora diventato un percorso da enduro, con un pizzico di timore reverenziale: qualora avessi un minimo problema qui sarei veramente da solo nel senso più assoluto del termine! Solo dopo altre due ore di sterrati e strade bianche raggiungo finalmente la frontiera. Dopo una rapida visita al gabbiotto argentino raggiungo la piccola caserma dei Carabineros de Chile: il sole si è oramai quasi completamente nascosto dietro le montagne che circondano questo fazzoletto di terra e, dopo aver chiesto gentilmente di poter trascorrere la notte in loco, mi viene offerto un tè caldo e un letto in piccolo fabbricato dismesso, privo di ogni comfort ma dotato di un morbido materasso. Il copriletto è sporchissimo, ma riesco in qualche modo a coprirlo con un telo e piazzo il mio sacco a pelo nell’unico angolo meno macchiato; ceno con le mie scatolette e invio un messaggio alla mia famiglia tramite il geolocalizzatore, visto che di connessione internet non se ne parla neppure. Non posso che ringraziare per questo degno epilogo e cercare di riposare dopo i numerosi stimoli odierni. Domani sarà la volta di allacciarmi alla Carretera Austral che promette meraviglie degne di un altro pianeta e, considerato quel che ho visto sin qui, a fatica riesco a prender sonno tanta è l’eccitazione!
È un sole nuovo quello che mi scalda in vista della tanto attesa Carretera Austral: sono eccitatissimo di lanciarmi verso questa strada e neppure un insidiosissimo tratto sabbioso, immediatamente lasciata la caserma dei Carabineros de Chile dove ho trascorso la notte, riesce a stemperare il mio entusiasmo. Attraverso il Passo Roballo su di una bellissima strada sterrata in mezzo a basse montagne e colline verdi, con gruppi di alpaca che pascolano indisturbati. Raggiungo Cochrane e nella piazza del paesino posso usufruire di un’ora gratuita di internet, messa a disposizione di tutti i cittadini dal Governo Cileno. La velocità della connessione è pessima, ma visto dove mi trovo posso solo ringraziare! Scrivo ai miei cari, provo a controllare senza successo il meteo e mi faccio un’idea più precisa di cosa ho intorno a me, studiando la mappa. Compro qualcosina in un negozietto e, dopo un pranzo frugale e veloce, mi rilasso mezz’ora prima di rimettermi in marcia.
Il vento è meno severo da questo lato delle Ande e lo apprezzo immensamente, dopo mesi di supplizio costante. Già solo per quel che ho visto negli ultimi pochi chilometri intuisco che questa strada mi piacerà e parecchio! Proseguo la marcia verso sud in direzione di Villa O’Higgins e il piano è di raggiungerla in due giorni; si tratta di un percorso senza uscita, quindi sarò obbligato a ripercorrere questo tratto due volte prima di dirigermi verso Puerto Montt, estremo opposto che fa capo a questa strada. La temperatura delle ore immediatamente dopo il pranzo è stranamente elevata e inizio a boccheggiare dentro l’abbigliamento invernale che mi ha tenuto caldo sinora. Percorro circa una trentina di chilometri in direzione sud constatando un netto peggioramento delle condizioni stradali: da duro e compatto, il fondo diventa mosso e profondo, con ondulazioni e tratti di ghiaia un po’ dappertutto. Non sono sicuro di voler affrontare 234 km in queste condizioni: gli sterrati mi piacciono, ma impegnarmi a tener il gas aperto per far galleggiare l’avantreno, avendo l’imperativo di non commettere alcun errore in questa remota zona di mondo, è una pratica di cui farei volentieri a meno in questo momento. La strada si preannuncia bellissima sino a destinazione, con una pausa nella suggestiva Caleta Tortel, tuttavia interrogate un paio di persone a bordo dei loro fuoristrada arriva la conferma che la quantità di ghiaia e di pietre sul percorso aumenteranno ancora, così prendo la decisione di tornare verso Cochrane e da lì proseguire verso nord. Mi accontenterò dei rimanenti 1000 km fino a Puerto Montt per apprezzare le bellezze del circondario.
Supero il piccolo centro cittadino già conosciuto e proseguo attraverso paesaggi magnifici, con fiumi, laghi, montagne in lontananza con le cime innevate e nessuna manifestazione tecnologica dell’uomo, a parte pochi segnali stradali. Qualche folata di vento prova ancora a disturbarmi, ma posso apprezzare che la sua foga è lontana anni luce rispetto a ciò di cui ho fatto esperienza sino a qui. Non ho nessuna fretta e mi godo tranquillamente ogni curva innanzi a me, con la dedizione alla guida insidiata a più riprese dai panorami circostanti, sebbene debba mantenermi vigile a causa dei burroni ai lati della carreggiata. Il turismo sta aumentando tantissimo da queste parti ed è davvero difficile trovare uno spazio dove piantare la tenda: fino a tardo pomeriggio non ho intravisto nessun luogo adatto, così provo a chiedere a qualche contadino di accettare un viandante e una moto nel proprio giardino. Sono fortunato perché alla prima porta a cui busso appare una vecchietta dal viso tenero e dal fare dolcissimo: mi fa entrare in casa, mi offre del tè, del pane con la marmellata e mi fa raccontare alcune delle esperienze che mi hanno condotto sino a qui, mentre figlie e nipoti guardano la televisione sul vicino divano. Dopo la merenda ristoratrice mi offre di riposare nel galpón in giardino, ma non capisco esattamente a cosa si riferisca, sin quando non mi accompagna verso la piccola capanna degli attrezzi, in legno e tetto di lamiera.
A terra ho abbastanza spazio per il materassino e c’è una piccola stufa, realizzata con un pezzo di lamiera cilindrico con una cappa, che fanno esattamente al caso mio. Peccato per le orde di tagliaforbici praticamente su ogni superficie, in quantità tali da farmi capire che stendermi a terra mi assicurerebbe di ritrovarmene ricoperto; l’unica opzione è quella di accomodarmi sull’unica sedia di legno, non prima di averla bonificata con lo spray antizanzare che sembra faccia effetto anche contro di loro. Un cucciolo di cane peloso e vispo mi tiene compagnia mentre preparo il fuoco e consumo la mia cena, durante gli ultimi minuti di luce. Immediatamente dopo il tramonto la temperatura scende notevolmente e il fuoco è l’unico alleato valido contro il freddo, considerando che il solo completo da moto sarebbe stato totalmente insufficiente. Cerco di appisolarmi quando inizia a cadere acqua dal cielo, ma fortunatamente il tetto non ha falle e resto asciutto. Dormire seduto è molto meno comodo di quanto immaginassi, inoltre circa ogni ora vengo svegliato dal freddo e devo rimpinguare il focolare con alcuni dei (per fortuna abbondanti) tronchetti di legno accatastati in un angolo. Ciclicamente cambio fra le sole quattro posizioni possibili, accasciandomi sui braccioli, sullo schienale o appoggiandomi alla borsa che ho sulle gambe, ricavandone momentanee pause di sonno profondo, sempre scandite dall’alimentazione del fuoco. Sono seduto sul trono della baracca degli attrezzi della Fundo Vale Seco, il mio destriero riposa beatamente sotto a un telo a pochi metri da me e, sebbene le mie membra lamentino scomodità e freddo, mi sento il sovrano della Carretera Austral! Le prime luci del mattino sentenziano la fine di questa scomodissima esperienza: ho superato indenne un temporale fragoroso e la calda colazione, nella ancor più calda e accogliente cucina della casa antistante, decreta superata questa prova e sono pronto a riprendere il cammino in vista delle successive.
Oggi la strada si rivela un tripudio di paesaggi meravigliosi: laghi e lagune dai colori spaziali, poche nuvole, cime in lontananza praticamente dappertutto e pochissimo traffico, ho un sorriso panoramico stampato in faccia e non potrei chiedere di meglio! Raggiungo Puerto Rio Tranquilo, famoso per la Catedral de Mármol lungo il lago General Carrera: qui il numero dei visitatori è nettamente superiore rispetto alle più tranquille località attraversate sinora e il vociare generale intorno a me non è una melodia gradita alle mie orecchie. Una coppia di svizzeri italiani, Claudio e Anna, mi invita a pranzare con loro e accetto volentieri di fare due chiacchiere ‘tricolori’ dopo tanto tempo; viaggiano con un pick-up che hanno spedito direttamente in Cile e stiamo facendo la stessa strada. Provo a connettermi alla rete Wi-Fi del caffè dove siamo seduti, ma non c’è campo. Su consiglio di due viaggiatori zaino in spalla conosciuti a Ushuaia, non effettuerò l’escursione al lago: sebbene in foto le conformazioni rocciose qui vicine sembrino meravigliose, dal vivo pare rendano molto meno, così decido di proseguire oltre. A proposito di viaggiatori zaino in spalla: è pieno ovunque e ne vedo a frotte, disposti in fila agli estremi del centro abitato ad aspettare qualcuno che conceda loro un passaggio.
La pioggia si fa intermittente e mi fa compagnia per moltissimi chilometri, concedendomi solo delle sporadiche pause, mentre nel pomeriggio sono costretto a una sosta forzata di ben due ore a causa dei lavori stradali: un giorno questa strada sarà completamente asfaltata e perderà gran parte del suo fascino, ma sino ad allora serviranno ancora tante cariche da far brillare sulle bellissime rocce circostanti per modellare adeguatamente il percorso. Durante questa lunga e noiosa attesa incontro nuovamente Claudio e Anna, incolonnati poco davanti a me. Il mezzo con il quale si muovono è un pick-up BT-50 equipaggiato con una cellula abitativa di ultima generazione, dotata di molti comfort a dispetto delle dimensioni alquanto ridotte. Addirittura permette di esser scaricata in qualsiasi luogo, offrendo il lusso di scorrazzare con il mezzo ben più leggero in attesa di tornare alla base; una sorta di tartaruga con guscio rimovibile. Claudio racconta di viaggi epici e lascia intendere di esser un viaggiatore navigato, ma mentre mi parla ragiono sul fatto che con i 18’000 € (del costo della sola cellula) credo sarei in grado di viaggiare per quasi tre anni…
Finalmente ci viene dato il via libera e sotto un cielo grigio procediamo verso Cerro Castillo. Peccato che aumenti considerevolmente il traffico pesante e i rigagnoli d’acqua, che si formano intorno ai cantieri, rendono la marcia molto meno piacevole rispetto a prima. Tutti incolonnati, arriviamo a destinazione dove ricompare anche l’asfalto e questo ritorno alla civiltà mi lascia un pizzico di amaro in bocca: considerate le meraviglie naturali che ci circondano sembra quasi di incorniciare un quadro d’autore con delle lucine di Natale intermittenti. Cerro Castillo non è null’altro che un agglomerato di casette basse e senza nessun gusto per l’estetica, così propongo alla coppia elvetica di trovarci uno spiazzetto per passare la notte e fare la spesa per cucinare qualcosa all’italiana, tuttavia per tutta risposta Claudio replica: «Mah, sai quest’oggi a pranzo ho mangiato solo un piatto di spaghetti al sugo di pomodoro, ora ho un po’ fame e preferirei andare in un ristorantino. Inoltre sono due sere che dormiamo in macchina, preferirei un letto un po’ più comodo di quello che abbiamo.» Mi viene il dubbio se chi mi sta parlando ora sia la stessa persona che poche ore fa millantava viaggi in fuoristrada per il mondo con un mezzo preparato per la guerra. Che senso ha viaggiare con un veicolo che garantisce totale indipendenza e poi non sfruttarlo neppure? Non mi piace giudicare e rispetto la libertà altrui, pertanto saluto il duo d’oltralpe e vado alla ricerca di un posto in autonomia: dopo che un contadino locale mi chiede dei soldi solo per piazzare la tenda nel suo giardino, decido di allontanarmi ulteriormente dalla civiltà, sebbene la strada inizi a salire di quota e l’aria si stia raffreddando esponenzialmente rispetto al calare del sole. Trovo un piccolo sentiero che mi accompagna sino a sotto una delle due montagnole che cingono la strada e velocemente monto la tenda, presagendo già una notte all’insegna del freddo.
Mangio e mi vesto di tutto punto, poi la stanchezza mi fa addormentare beato e confido in un sonno profondo. Peccato che anche stavolta il riposo sarà intermittente a causa di continui pizzichi di freddo un po’ dappertutto: faccio lo sforzo di aprire il sacco a pelo e indosso tutto quello che posso infilare, attivo lo scaldino chimico versando qualche goccia d’acqua al suo interno e me lo metto sul ventre, mentre mi rannicchio in posizione fetale e mi auguro che i raggi del sole vengano a lambire le pareti della tenda il più presto possibile. Passo altre due ore nell’oscurità e in un tremolio lievemente accennato. Mentalmente so che se la temperatura dovesse calare anche di solo un altro grado avvertirei veramente il freddo e sarebbe un bel problema, quando finalmente inizio a intravedere un pizzico di barlume attraverso gli strati della tenda e so che devo tenere duro ancora per poco. Non so a che quota sono o quanti gradi centigradi io abbia ‘assaggiato’, ma stavolta sono stato davvero fortunato.
Mi godo fantasticamente il sole sino a Coyhaique, dove finalmente posso ricaricare un po’ le batterie a casa di un amico di Sabino, conosciuto a Commodoro Rivadavia, anche lui con una Africa Twin. Riposo tre notti a casa sua e grazie alla sua guida vado alla scoperta anche di lagune e laghi incastonati in paesaggi incredibili, una vera gioia per gli occhi! Ho le gomme quasi a pezzi dopo soli 7’000 km e spero di riuscire a farcela sino a Buenos Aires. Dopo la gradita permanenza, punto ancora verso nord e la strada si riconferma non asfaltata, aumentando il piacere di viaggiare in zone ancora dominate dalla natura. A metà cammino intraprendo una piccola escursione verso il Sendero del Bosque Encantado, dopo essermi cambiato e aver coperto la moto in vista della copiosa pioggia in arrivo. Dopo un’ora raggiungo la straordinaria Laguna Gnomos che, fra acqua verde, montagne grigie e cielo bianco valeva tutta la pena di farmi bagnare, sudare e faticare per poi scarpinare un’altra ora prima di tornare alla strada e percorrere altri 100 km per raggiungere La Junta. Nuovamente mi vogliono far pagare per montare la tenda in un campo (mi venisse offerta almeno una connessione internet o una doccia potrei accettarlo, ma mettermi unicamente a disposizione un brullo fazzoletto di terra mi sembra un po’ eccessivo). Trovo una piccola piazzola per dormire a bordo di un bellissimo lago, ma nell’avvicinarmi a una tettoia resto intrappolato nel fango e ne vengo fuori solo grazie a due ciclisti che si sporcano volentieri le mani per me, spingendo la moto e consentendomi di far uscire la ruota posteriore dalla melma. Impagabili! Stanotte non fa freddo, ma avverto tantissima umidità ed è impressionante la differenza di temperatura rispetto a sole poche centinaia di chilometri più a sud: opto quindi per dormire sul tavolo di legno sotto alla tettoia in plastica piuttosto che montare la tenda e inzupparla d’acqua, avendo poi la necessità di fermarmi ancora per farla asciugare.
Verso Chaitén la vista degli alberi morti dopo l’eruzione del 2008 è assolutamente spettrale: sembra di essere in un videogioco o in un film postatomico, tuttavia l’atmosfera surreale e il silenzio tutt’attorno rendono lo scenario morbosamente affascinante. Vengo invitato a pranzo da un provetto cuoco, rimasto a piedi dopo la rottura della catena della sua Ténéré 660 e da giorni in attesa dell’arrivo del ricambio. Proseguo in direzione di Caleta Gonzalo e viaggio costantemente con la bocca aperta per le meraviglie paesaggistiche attorno a me. Condivido gli ultimi chilometri del percorso assieme a Rafael, un simpatico ragazzo a bordo di una CB 500, il quale mi parla incessantemente di viaggi e della storia del Parco Nazionale Hornopirén: è stato donato al Cile assieme ad altri parchi da Kristine e Douglas Tompkins, due imprenditori statunitensi, in quella che è stata la più grande donazione di terra di un privato a un governo, con la clausola di rispettare e difendere la biodiversità e la fauna selvatica locale, un patrimonio inestimabile per l’intera umanità. Nonostante la pioggia insistente durante gran parte della giornata, non manchiamo di apprezzare ogni scorcio raggiunto dai nostri occhi e ci lanciamo in qualche piccola escursione a piedi fra rocce, fango, ponticelli sospesi e vegetazione rigogliosa. A sera siamo stremati, ma ne abbiamo ancora per festeggiare in maniera (fin troppo) alcolica con dei viaggiatori, radunatisi sotto una tettoia, quella che è la fase finale del cammino lungo la Carretera Austral. Altra notte in tenda, stavolta quasi calda per via dell’assurdo tasso d’umidità dovuto a lago, fiume e rigagnoli d’acqua un po’ dappertutto intorno a me.
L’indomani mattina, avvolto da nebbia e aria pungente, alle 8:00 salgo su di un traghetto per Fiordo Largo dove percorro 10 km di sterrato verso Leptepú e qui di nuovo in barca verso Hornopirén. L’umidità della mattina e il caldo sole che si riaffaccia dopo gli ultimi due giorni di intensa pioggia regalano uno scenario favoloso e la vista in mezzo al fiordo è indescrivibile. Via verso Puelche, altro traghetto per La Arena e poi l’arrivo a Puerto Montt. Sono nuovamente nella civiltà e sembra impossibile esser contornato da semafori e palazzi dopo il salto nella natura vissuto sino a poco fa. Apprezzo infinitamente le comodità di una casa, una lavatrice e una doccia calda ma se posso farlo è solo perché la privazione da essi mi ha reso cosciente del loro valore, sebbene non li ritenga assolutamente indispensabili: ben vengano meraviglie naturalistiche distanti anni luce dalla mia zona di comfort! Quel che ho visto/vissuto negli ultimi giorni vale infinitamente il mangiare cibo in scatola e qualche notte in tenda a battere i denti.
Questo secondo libro dell’autore si discosta dal primo in termini di narrazione e di intenti. La sua prima opera è un racconto di viaggio narrato sotto forma di diario, all’interno del quale vengono inframmezzati numerosi flashback che fanno capire al lettore le motivazioni della sua scelta, le impegnative fasi preparatorie dell’impresa e le esperienze che hanno modellato la sua coscienza personale. Il racconto termina pochi mesi dopo il raggiungimento della meta, quando il mondo (sia interiore che esteriore) visto dagli occhi del narratore è completamente cambiato. Viaggiando s’impara – Il giro del mondo in 50 consigli vuole essere una raccolta di suggerimenti per un lettore che sta per approcciarsi al suo prossimo viaggio, sia a corto che lungo o lunghissimo termine. All’interno del libro vengono condivisi consigli preziosi, maturati grazie alle numerosissime esperienze vissute dall’autore durante i sei anni in sella alla propria motocicletta, fronteggiando difficoltà fra le più disparate. Temi ‘elevati’, relativi a: condivisione, apertura verso il mondo, attitudine personale e maturazione di uno stato di coscienza superiore vanno a mischiarsi con tematiche più pragmatiche. Problem solving, attraversamento di frontiere, lavoro all’estero, organizzazione del bagaglio, vestiario e molto altro completano la lunghissima lista di suggerimenti a disposizione del lettore, ognuno di essi condito da almeno un aneddoto di viaggio, narrato in presente indicativo così da far immedesimare ancor di più il fruitore nella lettura e consentirgli di scoprire il prosieguo del viaggio dell’autore, là dove la narrazione si era interrotta con il primo libro. Nondimeno, ogni singolo consiglio può essere applicato anche alla vita quotidiana: sarà la una visione personale del lettore a decidere come meglio interpretare gli insegnamenti elencati, offerti sempre con tono umile e con il fine ultimo di spronare a uscire dalla monotonia, a vedere la realtà (e il mondo) con occhi diversi, ma soprattutto a lottare per i propri sogni!
Cosa spinge un ragazzo laureato, con un impiego da direttore di centro commerciale prima e di copy writer poi, a mollare la sua vita (quasi) perfetta per lanciarsi alla scoperta del mondo assieme alla sua amata moto? Massimiliano Perrella racconta i passi di un impervio cammino con meta l’Australia, attraverso culture, prove da superare e decine di persone che costellano il suo percorso; lo fa grazie a questo autentico diario di viaggio, in cui racconta la sua decisione di allontanarsi dai canoni di una società che non accetta. Il suo non è solo un viaggio su due ruote, ma la ricerca della propria identità! Nel corso dei chilometri Massimiliano fronteggia avversità impreviste, scontrandosi spesso con burocrazia e inettitudine, ma sente che qualcosa in lui sta cambiando: il viaggio gli sta regalando occhi nuovi con cui mettere in discussione la sua esistenza, i suoi ideali e le sue convinzioni. Si scatena un vero e proprio viaggio interiore, condito da amori nuovi e passati, in perenne lotta con il senso di responsabilità che lo fa sentire lontano dagli affetti, ma che non gli impedisce di fondersi con il mondo intero e di scoprire la rivelazione più grande: il significato della vita.
https://www.enduristamagazine.com/wp-content/uploads/2023/02/IMG_3277.jpg7681024ferrohttps://www.enduristamagazine.com/wp-content/uploads/2018/11/Logo-endurista-300x113.pngferro2023-02-20 09:47:022023-02-20 09:47:02VIAGGIANDO S’IMPARA – il giro del mondo in 50 consigli
KTM presenta la nuova 1290 SUPER ADVENTURE S, che per il 2023 si presenta con due nuove colorazioni fortemente distintive, che celano un pacchetto tecnologico rinnovato, specialmente quando si parla di navigazione e comfort per il pilota. La nuova Super Adventure è stata aggiornata nella parte elettronica, con nuove funzioni aggiuntive disponibili attraverso il grande display TFT da 7”. Tramite l’app KTMConnect è ora possibile navigare per waypoint con il sistema Turn-by-Turn+, senza doversi fermare di volta in volta ad aggiornare la rotta. Inoltre, con il nuovo sistema è possibile memorizzare 10 contatti preferiti – o richiamare gli ultimi 10 numeri – così come accedere alla playlist musicale.
Attraverso la strumentazione e il pratico blocchetto di sinistra è inoltre possibile gestire tutte le opzioni che offre la 1290 SUPER ADVENTURE S: dai Riding Mode all’ABS Cornering, dal Traction Control alle sospensioni semiattive WP, fino all’Adaptive Cruise Control. Cuore pulsante della moto è sempre lui, l’iconico motore LC8 da 1.301cc, 160 CV e 138 Nm di coppia, che abbinato a una ciclistica solida ed efficace, eleva la 1290 SUPER ADVENTURE S nell’olimpo delle moto da viaggio.
Performance ma non solo: la Super Adventure grazie alla sella sdoppiata (regolabile in altezza per il pilota da 849 a 869 mm), alle sospensioni semiattive WP ampiamente regolabili e al rinnovato parabrezza, è in grado di accompagnare ogni viaggiatore verso la propria meta nel pieno comfort e nel minor tempo possibile.
PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLA KTM 1290 SUPER ADVENTURE S 2023: // Nuove colorazioni Black & Orange e Graded Gray // Display TFT da 7” interattivo, con navigazione Turn-by-Turn+ più completa e intuitiva // Motore LC8 da 160 CV di potenza e 138 Nm di coppia // Telaio in acciaio ChroMo agile e stabile allo stesso tempo // Sospensioni semiattive WP ampiamente regolabili // Piattaforma inerziale Bosch 6D per una perfetta gestione del Traction Control e del Cornering ABS // Ergonomia adattabile alle esigenze del pilota e sella sdoppiata regolabile in altezza (849 / 869 mm) // Luci di bordo LED e cornering lights // Adaptive Cruise Control di serie // Pneumatici Mitas TERRA FORCE-R appositamente sviluppati per questo modello, a garanzia di performance di lunga durata
La nuova la KTM 1290 SUPER ADVENTURE S sarà disponibile presso i Concessionari KTM a partire da gennaio 2023. Prezzo di vendita in fase di definizione.
https://www.enduristamagazine.com/wp-content/uploads/2022/12/2023-KTM-1290-SUPER-ADVENTURE-S-4.jpg8001200ferrohttps://www.enduristamagazine.com/wp-content/uploads/2018/11/Logo-endurista-300x113.pngferro2022-12-14 10:54:172022-12-14 10:54:17NEWS | Nuova KTM 1290 Super Adventure S 2023
Era il 2018 quando la KTM 790 ADVENTURE si è presentata sul palcoscenico mondiale con un design innovativo capace di rompere gli schemi e influenzare, negli anni a venire, lo sviluppo tecnico dell’intero segmento Adventure/Travel di media cilindrata. Oggi la 790 ADVENTURE torna a solcare le strade e i sentieri di tutto il mondo, profondamente rinnovata e caratterizzata da un’estetica che si ispira alla regina del deserto, la KTM 450 RALLY REPLICA. Il faro a sbalzo lascia il posto a un cupolino in stile rally, perfettamente integrato alla parte frontale e al serbatoio da 20 litri. Proprio il serbatoio, che si estende in maniera sinuosa verso il basso, è l’elemento centrale del design di questa moto: insieme al motore è protetto da nuovi elementi in alluminio e plastica iniettata, particolarmente resistenti agli urti e ai graffi.
A bordo della 790 ADVENTURE 2023 il pilota si sente subito a suo agio, protetto da un parabrezza alto e dalle sovrastrutture attorno al serbatoio in grado di deviare la maggior parte dell’aria durante la marcia. Ottima la seduta della nuova sella in due pezzi, regolabile su due posizioni – 840/860 mm di altezza – e disponibile in differenti configurazioni opzionali nel catalogo KTM PowerParts.
Il cockpit è sorretto da una struttura rinforzata che consente di aggiungere strumenti supplementari per la navigazione: rispetto al modello precedente è impreziosito da un display TFT da 5″ che reagisce alla luce ambiente e usa un sistema di menu riprogettato, con nuove infografiche per una personalizzazione più intuitiva delle opzioni disponibili. Inoltre, sincronizzando la strumentazione con l’app KTMConnect, è possibile accedere a una serie di supporti particolarmente utili durante il viaggio, come la lista di 10 contatti predefiniti, l’elenco delle ultime 10 telefonate effettuate o la regolazione dei parametri per la navigazione Turn-by-Turn Plus durante la marcia.
La 790 ADVENTURE si muove agile e sicura grazie a una ciclistica solida e collaudata: il telaio in acciaio al cromo-molibdeno garantisce pieno supporto in qualsiasi condizione di carico, mentre le sospensioni WP APEX copiano perfettamente le asperità del terreno grazie a un’escursione di 200 mm. Il motore che equipaggia la 790 ADVENTURE è una garanzia di fluidità e affidabilità: si tratta del bicilindrico parallelo LC8c da 799 cc, Euro 5, in grado di erogare 95 CV a 8.000 giri/minuto e 88 Nm a 6.500 giri/minuto.
Rispetto alla versione precedente, il propulsore ha visto un incremento del 20% delle masse rotanti: un aggiornamento che rende la moto più stabile in curva a velocità costante, senza comprometterne l’agilità. I nuovi corpi farfallati contribuiscono a rendere l’erogazione della potenza più pulita ed efficiente grazie alla combustione migliorata, mentre il sensore di controllo del battito in testa garantisce prestazioni costanti anche nel caso in cui si utilizzino carburanti a basso numero di ottani. Migliorata anche la frizione PASC mediante l’utilizzo di nuovi dischi guarniti, mentre il motore respira più liberamente attraverso una rinnovata cassa filtro.
Tutti questi aggiornamenti hanno portato a un miglioramento generale della moto e a un incremento del piacere di guida, che viene ulteriormente amplificato dalla sofisticata elettronica presente a bordo. Infatti, come le sorelle maggiori, anche la 790 ADVENTURE è dotata della più recente piattaforma inerziale 6D, che fornisce informazioni utili per la gestione del controllo di trazione e per altre funzioni, come l’ABS cornering, la regolazione della coppia del motore in fase di rilascio e la gestione dei riding mode. Come per la sorella maggiore KTM 890 ADVENTURE, l’ABS si adatta automaticamente al riding mode selezionato (riding mode OFFROAD/ABS OFFROAD), eliminando così la necessità di ulteriori configurazioni e di noiose soste per selezionare l’opzione corretta. Ampia, infine, la scelta delle dotazioni elettroniche aggiuntive presenti nel catalogo KTM PowerParts, tutte testabili nei primi 1.500 km grazie alla nuova funzione “DEMO”: questa consente al pilota di provare da subito l’intera gamma di optional per l’assistenza alla guida e di perfezionare l’acquisto degli stessi – o di una parte di loro – solo in un secondo momento.
La nuova 790 ADVENTURE 2023 è stata interamente progettata in Austria e verrà prodotta in Cina da CFMOTO, partner stretto e strutturato di KTM, con stabilimenti di alta qualità che rispettano gli standard più elevati di costruzione. Questa collaborazione non è la prima avviata da KTM, che negli anni ha dimostrato quanto la globalizzazione sia importante per la crescita dei propri Brand nel mercato globale delle due ruote a motore.
Caratteristiche principali della KTM 790 ADVENTURE 2023:
// Nuovo cupolino con faro a LED e display TFT da 5″ con sistema di menu riprogettato // Motore LC8c da 799 cc., Euro 5 da 95 CV e 88 Nm, potente e fluido. // Ergonomia su misura per pilota e passeggero e grande maneggevolezza nella guida // Nuovi pneumatici PIRELLI SCORPION STR orientati all’offroad // Prestazioni e specifiche tecniche straordinarie in rapporto alle concorrenti nel segmento // Progettata in Austria, costruita in Cina da CFMOTO secondo i più elevati standard produttivi
https://www.enduristamagazine.com/wp-content/uploads/2022/12/2023-KTM-790-ADVENTURE-3.jpg7681024ferrohttps://www.enduristamagazine.com/wp-content/uploads/2018/11/Logo-endurista-300x113.pngferro2022-12-01 11:11:512022-12-01 11:11:51NEWS | KTM 790 Adventure 2023, ed è subito avventura!
Dopo il lancio della KTM 890 ADVENTURE R, avvenuto in concomitanza con il KTM ADVENTURE RALLY lo scorso 17 settembre, è giunto il momento di togliere i veli alla KTM 890 ADVENTURE, la versione più accessibile e versatile della gamma, che grazie a un bilanciamento perfetto di potenza e dinamica di guida, si rivolge ad un pubblico di globetrotter che amano spingersi oltre i limiti delle strade asfaltate.
La domanda però è d’obbligo: com’è possibile migliorare il meglio? A Mattighofen i tecnici di KTM si sono concentrati sulla parte estetica della moto, ma anche su alcuni preziosi aggiornamenti tecnici.
A colpo d’occhio si nota subito la differenza con il modello precedente: la parte frontale, che comprende il faro e la strumentazione, è ora raccordata al serbatoio e conferisce alla 890 un aspetto che ricorda la sorella da competizione KTM 450 RALLY REPLICA. Gli attacchi del cupolino in alluminio forgiato sono stati rinforzati per offrire maggiore solidità, così da poter fissare dispositivi GPS più grandi sulla torretta della strumentazione. La KTM 890 ADVENTURE è inoltre dotata di un parabrezza più alto e protettivo rispetto alla sorella “R”, mentre le sovrastrutture che avvolgono il serbatoio da 20 litri ed il codino sono più larghe, così da proteggere meglio il pilota dall’aria e la sella dai contatti accidentali con il terreno, tanto comuni in fuoristrada. Nuovo anche il parafango anteriore, più filante e in grado di espellere una maggior quantità di acqua o fango durante la marcia.
Novità anche per la sella realizzata in due parti, di forma differente nella zona del serbatoio e più confortevole grazie a una nuova imbottitura. La sella del pilota è come sempre regolabile su due posizioni (840 e 860 mm) ed è possibile ridurre l’altezza a 800 mm grazie alla sella opzionale più sottile e al kit di abbassamento delle sospensioni, entrambi disponibili nel catalogo KTM PowerParts. Sempre nel vasto catalogo accessori KTM sono disponibili selle per il pilota di maggiore o minore altezza, come selle monopezzo in stile RALLY. In particolare, è possibile acquistare le selle Ergo riscaldate nelle misure 850 mm o 830 mm (riscaldata anche per il passeggero) e le selle RALLY da 865 mm o 825 mm.
Anche la ciclistica è stata oggetto di importanti aggiornamenti: la forcella WP APEX da 43 mm dispone ora di pratici registri per la regolazione dell’idraulica in compressione ed estensione, mentre il monoammortizzatore APEX ha ora un nuovo pomello per la regolazione del precarico e ha ricevuto nuovi setting, pensati per garantire maggiore comfort e rispondere alle esigenze della guida a 360°, da soli come a pieno carico.
La KTM 890 ADVENTURE è stata creata con il preciso obiettivo di raggiungere qualsiasi destinazione nel modo più semplice e veloce: questo è reso possibile grazie al suo cuore pulsante, il motore bicilindrico parallelo LC8c da 899 cc, 105 CV e 100 Nm. L’erogazione della potenza viene gestita dal pilota attraverso il comando dell’acceleratore ride-by-wire e da una sofisticata elettronica, che in ogni condizione di terreno consente di erogare la coppia in modo preciso e intuitivo. La moto è infatti dorata di serie dei riding mode STREET, OFFROAD e RAIN, oltre alla modalità RALLY (disponibile come optional).
Potenza sì, ma anche controllo e sicurezza, grazie al nuovo modulatore ABS 9.3 MP, abbinato alla piattaforma inerziale 6D (che fornisce costantemente informazioni sull’inclinazione, sul beccheggio, sulla velocità e sul comportamento generale della moto), per utilizzare tutta la potenza frenante possibile in ogni situazione. L’ABS è stato quindi migliorato e si adatta automaticamente alla modalità di guida scelta dal pilota: se viene attivata la modalità OFFROAD o RALLY, l’ABS si setterà automaticamente sulla modalità “ABS OFFROAD”.
Una volta in sella, l’occhio cade immediatamente sul nuovo display TFT da 5″, dotato di connettore USB-C e realizzato con un vetro minerale incollato anti-riverbero che assicura una maggiore resistenza ai graffi. Grazie a nuovi pittogrammi a colori e ad un software di nuova generazione, la grafica risulta molto intuitiva, agevolando così la navigazione tra i vari menu. Durante la marcia la retroilluminazione cambia di intensità a seconda della luce ambientale, mentre una migliore sincronizzazione tra il TFT e l’app KTMConnect consente di seguire le indicazioni della navigazione Turn-by-Turn Plus, ascoltare la musica e rispondere alle chiamate in modo facile e intuitivo. Una nuova funzione introdotta quest’anno permette di impostare un elenco di 10 numeri di telefono preferiti, o di accedere agli ultimi 10 numeri chiamati: si tratta di un’ulteriore comodità della configurazione avanzata, che consente di effettuare telefonate senza doversi fermare per selezionare il contatto desiderato. Infine, il sistema di navigazione Turn-by-Turn Plus offre la possibilità di selezionare la meta preferita tra le ultime destinazioni raggiunte.
Tra gli altri dettagli introdotti sulla KTM 890 ADVENTURE 2023 spiccano le rinnovate protezioni in alluminio del motore e del serbatoio, un nuovo blocchetto a manubrio che include il pulsante di emergenza, gli pneumatici PIRELLI SCORPION STR e le nuove grafiche, ora più sportive e dinamiche, sempre realizzate con il processo di iniezione “in-mold” (lo stesso utilizzato sulle moto da offroad KTM) che le rende più resistenti, specialmente quando si usa la moto in fuoristrada.
Infine, novità anche per la scelta dei software disponibili nel catalogo KTM PowerParts: la nuova KTM 890 ADVENTURE è dotata di serie del riding mode DEMO, che permetterà ai piloti di provare tutte le modalità di guida e le varie opzioni nei primi 1.500 chilometri, per poi decidere quale pacchetto o singoli optional acquistare.
Caratteristiche principali della KTM 890 ADVENTURE 2023: // Nuovo cupolino raccordato più alto e protettivo e sella in due parti regolabile in altezza e più confortevole // Nuovi registri dell’idraulica sulla forcella e nuovo setting del mono WP, dotato ora del pomello per il precarico // Nuove protezioni in alluminio per il motore e il serbatoio // Nuovo display TFT a colori con funzionalità migliorate // Pneumatici PIRELLI SCORPION STR più orientati all’offroad // Ergonomia e sovrastrutture aggiornate per una guida più intuitiva // Peso contenuto, ciclistica collaudata di derivazione racing e grande facilità di utilizzo // Due nuovi colori disponibili e nuove grafiche
https://www.enduristamagazine.com/wp-content/uploads/2022/11/2023-KTM-890-ADVENTURE-1.jpg8001200ferrohttps://www.enduristamagazine.com/wp-content/uploads/2018/11/Logo-endurista-300x113.pngferro2022-11-30 10:30:082022-11-30 10:30:08NEWS | KTM lancia la nuova 890 Adventure 2023
Quest’anno a Eicma hanno dominato le enduro di media cilindrata, strizzando l’occhio ad enduristi e adventuristi anche neofiti: infatti, anche marchi che non hanno nella loro indole il “tassello” se pur da strada si sono avvicinati a questo mondo. Ad Milano Brixton ha tolto i veli alla nuova Storr 500. La moto esposta sembra molto più di un prototipo creato per testare il mercato, ma una moto praticamente definitiva con tanto di pack accessori.
Come anticipato, si tratta di una endurona media mossa da un bicilindrico parallelo da 500 cc e 48 Cv, un motore adatto per neopatentati o a chi è alla ricerca di una moto poco impegnativa mototurismo a corto/medio raggio. All’anteriore si fa infatti notare una forcella a steli rovesciati e un cerchio da 19″ e gomme Pirelli Scorpion Str, alle cui spalle è presente un grosso paramotore per affrontare anche il fuoristrada più duro.
Il concetto Lucky Explorer va ben oltre la proposta di nuovi modelli, è idealmente un contenitore di sensazioni e ricordi, di quello che la produzione di Schiranna ha saputo offrire ai motociclisti negli anni ottanta e novanta, che si propone di traghettare gli appassionati nel futuro combinando il mondo reale con le opportunità messe a disposizione da quello virtuale dei social media. Il progetto prevede due moto inedite, la 9.5 e la 5.5 con quest’ultima in arrivo a febbraio: una baby adventure che si ispira all’heritage della Elefant. Nonostante si tratti di una media, l’aspetto è quello di una moto di cilindrata superiore, pensata per chi ama i viaggi, in grado di conquistare il motociclista europeo che cerca una due ruote solida e inarrestabile.
LUCKY EXPLORER 9.5
I servizi e le copertine dedicate dalle riviste specializzate di tutto il mondo hanno conferito alla 9.5 capostipite del Lucky Explorer Project il ruolo di protagonista assoluta dell’edizione 2021 di Eicma. A un anno di distanza questa moto è passata dallo stato di concept bike a quello di modello pronto per raggiungere le linee di montaggio e le concessionarie a fine primavera del prossimo anno, pronta a misurarsi con le prime della classe del segmento maxienduro. E lo fa rimanendo esteticamente e strutturalmente vicina alle caratteristiche dell’ammiratissimo prototipo nato con l’obiettivo di rappresentare l’ideale evoluzione delle Elefant che per due volte, nel 1990 e nel 1994, hanno dominato la massacrante Paris-Dakar con il tracciato originale.
L’arrivo di moto avventurose rappresenta un cambio generazionale per MV Agusta, che con la 9.5 si lancia in un segmento del tutto nuovo, ma solo all’apparenza. Se infatti oggi la produzione ruota attorno a stradali performanti e con l’aspetto di opere d’arte, l’impostazione avventurosa è parte integrante del DNA dell’azienda. Non bisogna infatti dimenticare che le moto di oggi sono prodotte a Schiranna, all’interno del sito nel quale nascevano le Elefant di serie e quelle da competizione, vere e proprie GP da deserto, che “navigavano” a oltre 200 km/h sulle piste sabbiose. E alcune delle persone che 30 e più anni fa lavoravano nello storico stabilimento sono ancora lì, a testimonianza di un passato glorioso.
In quello che è idealmente il foglio bianco dal quale è partito tutto, oggi costituito dalle più moderne tecnologie di calcolo, sono stati posti al centro il pilota e il passeggero. L’origine è rappresentata dai cinque punti di contatto (pedane, manubrio e sella regolabile su due posizioni) che consentono di assumere una posizione naturale ed efficace dal punto di vista dinamico. Una progettazione che in realtà è andata oltre i cinque punti classici di un modello stradale, poiché è stato necessario tenere conto anche della guida in piedi sulle pedane, tipica delle situazioni fuoristradistiche, che richiede punti di contatto per ginocchia e caviglie, ma allo stesso tempo libertà di movimento, senza ostacoli negli spostamenti del corpo indietro o verso l’avantreno.
Comfort e protezione aerodinamica della 9.5 sono stati studiati come si stesse lavorando allo sviluppo di una grand tourer per affrontare lunghi viaggi, combinando le simulazioni al computer e quelle dei flussi in galleria del vento con test su strada in tutte le condizioni climatiche. Il risultato è una zona protetta per utenti di tutte le altezze anche a velocità ben superiori a quelle consentite in autostrada, con la complicità di un parabrezza regolabile in altezza. L’obiettivo da raggiungere era quello di evitare gli scuotimenti del casco alle alte velocità, un target che è stato esteso anche a chi viaggia comodamente seduto sulla porzione posteriore della sella.
La 9.5 si distingue per l’impostazione tipicamente off-road, sottolineata dalla presenza di ruote a raggi registrabili con diametri di 21 e 18 pollici, ma anche dall’interasse di 1.580 mm. Partendo da queste scelte, la sfida più significativa è stata quella di ottenere maneggevolezza combinata con la stabilità necessaria per viaggiare in sicurezza a pieno carico in autostrada. La doppia personalità della tre cilindri è sottolineata dalla possibilità di montare pneumatici stradali o tassellati, poiché entrambi sono omologati e riportati sulla carta di circolazione
Il motore a tre cilindri della 9.5 non è stato ottenuto con una semplice revisione delle misure di alesaggio e corsa del noto 800; è stato espressamente sviluppato per questo modello, combinando versatilità e potenza con un peso di soli 57 kg. È nuovo nella maggior parte delle componenti, a cominciare dal basamento e dai sistemi di lubrificazione e raffreddamento. Gli ingombri sono quasi uguali a quelli del motore 800 attualmente in produzione, mentre cambiano il manovellismo, il dispositivo di avviamento e il cambio, oltre al comando del gas, ora dotato di corsa negativa. Quest’ultimo è un elemento comune a tutte le MV Agusta model year 2023, introdotto per regalare risposte meno “virtuali” in fase di chiusura, rendendo la percezione più confortevole. L’impianto di scarico è dotato di valvola integrata nel silenziatore il cui obiettivo è quello di privilegiare la coppia o la potenza in funzione delle condizioni di utilizzo.
Il tre cilindri in linea, quattro tempi, è dotato di distribuzione a doppio albero a camme in testa e raffreddamento a liquido, ed è equipaggiato con un albero motore controrotante, per migliorare la dinamica di guida e ridurre l’inerzia. Il cambio estraibile è specifico per questo modello. I valori di potenza e coppia massime sono rispettivamente di 124 CV a 10.000 giri e 102 Nm a 7.000 giri, con una potenza specifica pari a 132,25 CV/litro e una frizione in bagno d’olio, con comando idraulico. La dotazione elettronica sfrutta la base di un’evoluta piattaforma inerziale, con funzioni espressamente concepite per l’uso polivalente della 9.5: sono disponibili tra l’altro le mappature urban, touring e off-road, e l’ABS Cornering prevede diverse funzioni. Per l’uso in fuoristrada si può disinserire completamente, o soltanto l’azione sulla ruota posteriore.
Il telaio è in acciaio, in doppia culla chiusa, disegnato per offrire il miglior bilanciamento tra il comfort richiesto per l’impiego stradale turistico e la rigidità necessaria per ottenere prestazioni interessanti fuoristrada. La struttura comprende elementi forgiati ed estrusi, con un forcellone in leggera lega di alluminio fuso in conchiglia per ottenere il più alto rapporto tra resistenza e peso. Le sospensioni sono Sachs, completamente regolabili esternamente. Tutti i materiali impiegati e la loro finitura sono altamente tecnologici.
La strumentazione è stata sviluppata su standard automobilistici in termini di leggibilità e completezza di informazioni, con un livello di connettività evoluto. Il display comprende un pannello TFT a colori di 7”, con connessione Bluetooth agli smartphone, Wi-Fi per l’aggiornamento e la possibilità di dialogare con l’app MV Ride, con varie funzioni che comprendono tra l’altro la pianificazione di percorsi, l’acquisizione dati e l’antifurto con geolocalizzazione.
L’equipaggiamento della 9.5 comprende un impianto di illuminazione full led, con tutti i servizi di bordo gestiti da una rete CAN-BUS per ridurre al minimo la presenza di cavi e cablaggi, a tutto vantaggio dell’affidabilità e della semplicità di manutenzione.
LUCKY EXPLORER 5.5
Lucky Explorer è sinonimo di nuovi modelli di moto, ma non solo, è un mondo di emozioni, ricordi, valori: è un modo di essere. Un ritorno atteso da tutti i fan dell’off-road, ma anche un nuovo inizio e un salto nel futuro, come confermano le migliaia di follower che già sono diventati fedelissimi del profilo Instagram luckyexplorer.official. Prima tra le moto del programma Lucky Explorer Project a entrare in produzione è la 5.5 che rappresenta la sintesi della corretta interpretazione dell’heritage dell’azienda di Schiranna. In questo modello è stata infatti travasata la tecnologia più evoluta, senza mai perdere di vista l’obiettivo primario, quello di realizzare un modello di media cilindrata potenzialmente senza confini, in grado di affrontare in totale disinvoltura ogni tipo di terreno e di percorso.
La più piccola 5.5 ha completato il processo di sviluppo ed è pronta per raggiungere le concessionarie già dal prossimo mese di febbraio, posizionandosi come entry level in termini di cilindrata e di prezzi, ma con un livello qualitativo particolarmente elevato per il segmento all’interno del quale va a posizionarsi. A distinguere la 5.5 è il fascino di un design che non solo idealmente la ricollega alla Elefant che per due volte ha conquistato la Dakar originale, quella che partiva il primo gennaio da Parigi, e si concludeva in Senegal dopo avere attraversato pietraie, deserti e savane.
La 5.5 è stata affinata in vari dettagli durante il percorso di avvicinamento all’industrializzazione. Disegnata in CRC e sviluppata con il partner QJ, mantiene tutto lo spirito della famiglia Elefant, rappresentando il modello di accesso alla nuova famiglia Lucky Explorer (e a tutta la gamma MV Agusta), esattamente come la 350 degli anni ottanta introduceva al mondo delle bicilindriche. È una media, ma il suo aspetto è quello di una moto di cilindrata ben superiore, con particolari stilistici e grafiche che riportano direttamente alle dakariane del passato.
Il modello di partenza è stato profondamente aggiornato nell’elettronica, nella meccanica e nel reparto ciclistico, con specifiche ben precise richieste dai tecnici di Schiranna. Il motore, il bicilindrico in linea con distribuzione a doppio albero a camme in testa e raffreddamento a liquido è stato evoluto, con l’obiettivo di incrementare ulteriormente il già elevato rendimento. La cilindrata è stata portata a 554 cc (alesaggio 70.5 mm e corsa 71 mm) alla ricerca di una curva di coppia ancora più robusta rispetto a quella di partenza, così da ottenere un’erogazione piena e costante a tutti i regimi. Il comparto elettronico è stato a sua volta ottimizzato per assicurare il miglior compromesso tra prestazioni e sicurezza.
Il design, che nella fase di lancio prevede la sola colorazione bianca con il logo stilizzato Lucky Explorer, è stato personalizzato con sovrastrutture e altri elementi fondamentali per sottolineare l’impronta stilistica di famiglia con gruppi ottici progettati ad hoc. L’ispirazione stilistica è comune a quella della 9.5 e si ispira chiaramente alle leggendarie corse nel deserto, ma le caratteristiche esclusive della 5.5 sono molte. Grazie alla sua personalità questo modello rivendica con orgoglio un’identità tecnica, concettuale ed estetica che consentiranno di distinguersi nel sempre più affollato panorama delle bicilindriche di media cilindrata con vocazione avventurosa.
https://www.enduristamagazine.com/wp-content/uploads/2022/11/mainLEP.jpg6831024ferrohttps://www.enduristamagazine.com/wp-content/uploads/2018/11/Logo-endurista-300x113.pngferro2022-11-11 11:56:562022-11-11 12:03:02NEWS | Lucky Explorer Project 5.5 / 9.5
La 890 ADVENTURE R è un cavallo di razza e, grazie alle sue caratteristiche intrinseche, è senza dubbio la miglior travel enduro con la quale affrontare i percorsi offroad più impegnativi. La nuova versione 2023, presentata in Idaho (USA) in occasione del KTM Adventure Rider Rally, si ispira chiaramente alla regina del deserto KTM 450 RALLY, dalla quale riprende alcune caratteristiche estetiche e quello spirito READY TO RACE che tanto piace agli appassionati del viaggio e dell’avventura. La nuova versione è infatti caratterizzata da un nuovo cupolino, nuove sovrastrutture, un nuovo serbatoio e una nuova protezione del motore, che migliorano l’aerodinamica e l’ergonomia, aumentando l’agilità nell’affrontare i terreni più impervi e la protezione del pilota.
Dal punto di vista tecnico, la nuova KTM 890 ADVENTURE R conferma la sua ciclistica solida e al tempo stesso agile grazie al resistente telaio in acciaio al cromo-molibdeno, abbinato a sospensioni WP XPLOR completamente regolabili. Una volta in sella, si nota subito il nuovo display TFT da 5″ dotato di connettore USB-C. Il nuovo strumento è caratterizzato da pittogrammi a colori e da una grafica intuitiva che agevola la navigazione tra i vari menu. Inoltre, gli ultimi aggiornamenti includono un sistema di navigazione Turn-by-turn Plus, che permette al pilota di selezionare la meta preferita tra le ultime destinazioni raggiunte. Inoltre, una nuova funzione di chiamata permette di telefonare a un contatto della lista dei preferiti (che può contenere al massimo 10 numeri), oppure di comporre uno degli ultimi 10 numeri chiamati.
Anche il pacchetto elettronico è stato migliorato: la centralina elettronica dell’ABS di nuova generazione è in grado di sfruttare i rilevamenti del sensore 6D (che fornisce costantemente informazioni sull’inclinazione, sul beccheggio, sulla velocità e sul comportamento generale della moto) così da applicare la giusta forza frenante in qualunque situazione. I piloti che intendono testare il potenziale della moto lontano dai sentieri battuti possono contare sull’ABS OFFROAD come funzione integrante della modalità OFFROAD, oppure sulla modalità RALLY (opzionale), senza dovere selezionare separatamente l’ABS OFFROAD.
Quando la strada si allarga e si vogliono macinare chilometri, la nuova KTM 890 ADVENTURE R assicura un maggior livello di comfort grazie alla sella monopezzo, che nei nuovi colori esalta la libertà di movimento e il grip. Novità anche per la scelta dei software disponibili nel catalogo KTM PowerParts: la nuova KTM 890 ADVENTURE R è dotata di serie del riding mode DEMO, che permetterà ai piloti di provare tutte le modalità di guida e le varie opzioni nei primi 1.500 chilometri, per poi decidere quale pacchetto o singoli optional acquistare.
https://www.enduristamagazine.com/wp-content/uploads/2022/09/2023-KTM-890-ADV-R.jpg8001200ferrohttps://www.enduristamagazine.com/wp-content/uploads/2018/11/Logo-endurista-300x113.pngferro2022-09-20 16:36:452022-09-20 16:36:45PREVIEW | NUOVA 890 ADVENTURE R 2023
Testo: Thomas Brazzova – Foto: Fotografica Sestriere
Parliamoci chiaro, la maggior parte di noi osanna sempre ciò che è proprio. È cosi per tutto. La moto? È più bella la mia. Il cellulare? Sicuramente funziona meglio il mio. Ognuno ha il suo, e come dargli torto. Lo stesso paragone si potrebbe fare sulla propria regione natia: per un siculo, un sardo, un altoatesino e così via, la propria terra è simbolo di purezza ed autenticità. Ma c’è una regione del Bel Paese che a mio avviso centrifuga tutte le bellezze italiche e le mette nel calderone, ed è la Toscana. Non me ne vogliano le rimanenti diciannove regioni, in qualsiasi angolo di questa nazione si rimane esterrefatti, ma la Toscana è la Toscana.
Daniele Alessandrini, patron della 1000 Sassi, questa regione la conosce molto bene e finalmente, dopo un’edizione “zero” riservata ai giornalisti e la premiere del 2021 attanagliata ancora dalle restrizioni Covid, può scatenarsi a dovere. Tre giorni immersi nel patrimonio toscano per un totale di 750 km lungo un anello che da Piazza Grande di Arezzo ci conduce prima a Figline Valdarno e poi Chianciano Terme, per concludere sempre ad Arezzo nei pressi della Loggia del Vasari. Mica roba da poco.
Sterrati veloci e poco impegnativi studiati appositamente per bicilindrici fanno si che questo evento calzi perfettamente anche a chi di chilometri in off non ne macina a bizzeffe, offrendo inoltre la possibilità ai meno fortunati di iscriversi alla versione One Day, un one shot di un giorno che di spettacolo ne ha da vendere visto che si attraversa la Val d’Orcia, Cortona e Castiglion Fiorentino fino al Cippo Meoni giusto per citarne alcune.
Quando si parla di Adventuring Experience, avere una buona traccia non basta mai. Bisogna saper creare quella giusta aggregazione che è lo spirito pulsante di ogni manifestazione, e anche in questo la 1000 Sassi è stata capace di stupirci. È innegabile che pochi eventi di questo genere sono capaci di unire in tale modo e offrire un servizio a 360° che va dai ristori alle cene in location esclusive, dall’assistenza sanitaria a quella meccanica senza sbavature (per nostra sfortuna abbiamo dovuto richiedere), o ancora dalla chiarezza delle informazioni sulla traccia fino al trasporto bagagli.
Guidare per chilometri su sterrati è bello, ma sentirsi coccolati e sicuri ancora di più!
Tappa 1: Arezzo – Figline Valdarno 270km
Una tappa anomala. Si perché come già accennato siamo abituati alla toscana da cartolina, quella delle crete senesi, del Chianti o ancora della Val d’Orcia. Eppure la toscana ha molto da offrire, anche di diverso dal convenzionale. La traccia del primo giorno si differenzia dalle altre in quanto ci si spinge nell’entroterra, prima a nord di Arezzo fino a Prato Imperatore per poi ascendere verso Figline. È una Toscana diversa, poco conosciuta, forse ancora più incontaminata, in cui non primeggiano gli infiniti campi di grano che disegnano dolci dune collinari, bensì foreste sempre verdi fatte di pini, abeti e vegetazione che sa più di montagna che di collina. Raggiungiamo infatti quasi i 1000 metri di altitudine, una manna dal cielo se si pensa alla temperatura decisamente alta e anomala che serpeggia nelle zone più basse e guidare su questi sterrati a fondo naturale nel fresco del sottobosco è rigenerante per tutti i sensi.
Prima di giungere a Figline non manca l’incontro con un daino che ci sfreccia davanti agli occhi per poi perdersi nel bosco.
“Ma dove mi trovo?” Mentre si guida la domanda che ci si pone è esattamente questa. Sembra di stare da un’altra parte, in un altro luogo e ci godiamo ogni curva del brecciolato fino a fine tappa dove ci aspetta del meritato riposo in previsione dei chilometri del giorno dopo da un sapore più toscano.
Tappa 2: Figline Valdarno – Chianciano Terme 240km
Con la seconda tappa si entra nel vivo in quella parte d’Italia presa d’assalto dai turisti e simbolo di una regione che fa scuola. I chilometri previsti sono pochi e decisamente meno impegnativi con sterrati da 100 km/h tipici di queste zone da cui passano l’Eroica e la Via Francigena, nonché numerosi pellegrini, ciclisti e ovviamente Pandine e furgoni spericolati a cui bisogna prestare attenzione. Qui i paesaggi si fanno collinari dopo una prima parte ancora di sottobosco che ci apre il panorama verso il Chianti, sempre più a sud alle porte della Val d’Orcia.
Guidare su questi sterrati è talmente facile ed intuitivo che ci si distrae, tant’è che l’unico sasso appuntito della carreggiata provoca una foratura alla gomma della moto costringendo ad una sosta per la riparazione. Decido tuttavia di avvalermi e mettere alla prova l’assistenza meccanica messa a disposizione dall’organizzazione e dopo aver contattato il numero fornito, dopo soli 15 minuti di attesa si palesa davanti agli occhi il furgone con lo staff che prontamente si prodiga nella riparazione della moto. Meno di un’ora di sosta e pronti a sfrecciare nuovamente sulla traccia fino a Chianciano, famosa per le terme e il buon vino del comune adiacente dal nome poco conosciuto…. Montepulciano!
Tappa 3: Chianciano Terme – Arezzo 250km
L’ultimo giorno si chiude in bellezza regalando emozioni nel guidato e per gli occhi alle oltre 300 moto che tra One Day ed Experience hanno riempito il parco chiuso della 1000 Sassi. Finalmente si entra nella famosa Val d’Orcia che abbiamo inseguito per tutti i 500 km già percorsi senza mai entrarci. Fa specie pensare che ci siano persone che abitino in questi luoghi bucolici, in cui casolari circondati da cipressi svettano sull’apice di colline, immersi nella quiete della natura.
Da quasi fastidio sapere di dover passare in zone intonse col rombo della propria moto, dove l’inquinamento acustico è un lontano ricordo. Questo tarlo fisso nella mente invoglia a fermarsi all’ombra di un cipresso, spegnere la moto e riscoprire questo silenzio dimenticato ai molti che provengono da centri cittadini. È un silenzio quasi assordante, per usare un poetismo. Ricarica e ci invoglia a continuare.
Dopo un breve anello che riporta a Chianciano, si prosegue fino al magnifico borgo di Cortona in direzione Arezzo. Mancano ormai pochi chilometri all’arrivo e come ciliegina sulla torta non può mancare una tappa al Cippo Meoni in onore del grande pilota Fabrizio Meoni, una sosta che qualsiasi endurista ha l’obbligo di fare almeno una volta nella vita.
Siamo ormai giunti al termine e non resta che spegnere la moto davanti alla Loggia del Vasari ad Arezzo, dove per l’occasione è stato allestito un buffet di fine evento, un’ultima carezza verso i partecipanti ormai crogiolati da giorni nel divertimento della manifestazione.
La 1000 Sassi si presenta quindi in tutta la sua bellezza e facilità, offrendo scorci e un senso di unione che ne fanno un evento speciale alla portata di tutti, dal neofita dell’offroad al più esperto che vuole semplicemente godersi un viaggio in completa tranquillità e alla scoperta di un territorio ameno. Non resta che aspettare con ansia cosa ci riserverà il prossimo anno Daniele Alessandrini e il suo staff!
Dream Rider Lab
La 1000 Sassi non è solo bei paesaggi e guida divertente, ma anche storie da raccontare. Ci siamo imbattuti in due ragazzi, Simone Di Biase in sella ad un Honda Dominator e Matteo Reale con il suo intramontabile KTM 990 Adventure, fondatori dell’associazione no-profit Dream Rider Lab che svolge attività ricreative, culturali e di formazione nel settore motorsport e nelle arti meccaniche a Sora, nei pressi di Frosinone.
Nonostante un tempo di gestazione recente, questa associazione ha già all’attivo diversi progetti tra cui “Dona e Vinci. Laboratorio di arti meccaniche applicate”, ovvero una collaborazione con il team MotoGP Suzuki Ecstar e l’officina Union Jack di Roma i quali guidando studenti di istituti tecnici locali attraverso un percorso formativo e di restauro di moto classiche.
Il fine è ovviamente benefico, dal momento che una delle moto restaurate, una Suzuki 550 del 1978, è stata battuta in un’asta on line e i proventi donati alla Fondazione Heal che si occupa di sostenere la ricerca in campo neuro oncologico pediatrico presso il Centro di cure palliative dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.
Ma l’associazione non è solo questo, le iniziative benefiche sono numerose e tutte da scoprire sia sul sito dream-rider.net che sulle pagine Instagram e Facebook DreamRiderLab.
https://www.enduristamagazine.com/wp-content/uploads/2022/05/TEF4055.jpg6831024ferrohttps://www.enduristamagazine.com/wp-content/uploads/2018/11/Logo-endurista-300x113.pngferro2022-05-31 10:18:352022-05-31 10:27:37EVENTI | Lasciato il cuore alla 1000 Sassi…